Se ci troviamo alla guida di un veicolo non più nuovo e veniamo coinvolti in un sinistro stradale, può accadere che i danni subiti siano superiori al valore commerciale dell’auto. Diviene fondamentale, dunque, capire come comportarsi in presenza di una proposta di risarcimento formulata dalla compagnia di assicurazione insufficiente a riparare i danni materiali effettivamente subiti dal veicolo. La problematica si pone in quanto il risarcimento deve coprire tutti i danni subiti, ma è altresì vero che non può costituire un’ingiustificata fonte di arricchimento per il danneggiato. Occorre, quindi, riparare i danni subiti dal veicolo coinvolto nel sinistro e consentirgli, al contempo, di tornare a circolare in sicurezza, senza che i costi della riparazione comportino un incremento di valore del mezzo con conseguente arricchimento per il danneggiato. Per far fronte a tale eventualità, le assicurazioni tendono a liquidare il c.d. risarcimento per equivalente, riconoscendo, cioè, un risarcimento del danno non superiore al valore di mercato del veicolo antecedente al sinistro. Tale soluzione, tuttavia, si pone in contrapposizione con l’interesse del danneggiato che premerà per ottenere il c.d. risarcimento in forma specifica, ovvero, per il ripristino della funzionalità del veicolo per come era prima del sinistro. Nella prassi accade che, quando la riparazione si rivela antieconomica (i costi di ripristino superano il valore del veicolo), le assicurazioni liquidano il risarcimento del danno nel limite del valore che il veicolo aveva prima del sinistro. Come può agire il danneggiato? Il proprietario del veicolo danneggiato, al fine di ottenere un risarcimento superiore al valore commerciale, può fornire la prova che l’autovettura era in buono stato di conservazione e agibilità tale da giustificare l’elevato costo della rimessa in pristino, producendo tagliandi, fotografie basso chilometraggio o altra prova in grado di dimostrare il buono stato del mezzo. L’art. 2056 c.c., infatti, riconosce, a chi subisce un danno, il diritto a ricevere un rimborso pari alla perdita che ha subito, fermo restando, come già detto, che il risarcimento non deve rappresentare una fonte di arricchimento per il danneggiato. In altre parole, il risarcimento non dev’essere notevolmente superiore al valore della cosa danneggiata. Sul punto si è espressa anche la Suprema Corte di Cassazione affermando che, “in caso di domanda di risarcimento del danno subito da un veicolo a seguito di incidente stradale, costituita dalla somma di denaro necessaria per effettuare la riparazione dei danni, se detta somma supera notevolmente il valore di mercato dell’auto, da una parte essa risulta eccessivamente onerosa per il debitore danneggiante e dall’altra finisce per costituire una lucupletazione (arricchimento) per il danneggiato” (Cass. civ. sez. VI, n. 24718 del 04.11.13). Possiamo dedurre, in conclusione, che la differenza fra il costo delle riparazioni e il valore del veicolo deve essere notevole al fine di giustificare il mancato risarcimento in forma specifica, in quanto una minima differenza fra questi due valori non giustifica la reintegrazione per equivalente. Se ti ritrovi in una situazione simile, prima di scoraggiarti e accettare quanto proposto dalla compagnia assicurativa contattaci ed esponici il tuo caso, valuteremo insieme come procedere.